Parliamo di CER con Giuseppe Milano, autore del libro “Comunità Energetiche. Esperimenti di generatività sociale e ambientale”

Giuseppe Milano autore del libro “Comunità Energetiche. Esperimenti di generatività sociale e ambientale” e pannelli fotovoltaici

Le comunità energetiche rappresentano una rivoluzione sostenibile nel panorama energetico globale, promuovendo l’autonomia e la democrazia energetica. Queste aggregazioni di cittadini, imprese e enti locali cooperano per produrre, consumare e gestire energia rinnovabile, riducendo la dipendenza dalle fonti fossili e favorendo la transizione verso un sistema più pulito e partecipativo. Giuseppe Milano, ingegnere edile-architetto ed urbanista, giornalista ambientale e Segretario Generale di Greenaccord Onlus, ha scritto un libro proprio sul tema. L’abbiamo intervistato per parlare di CER e del volume “Comunità Energetiche. Esperimenti di generatività sociale e ambientale” (Pacini Editore).

Come nasce l’idea di un libro sulle Comunità Energetiche

Il libro “Comunità Energetiche. Esperimenti di generatività sociale e ambientale” non nasce dalla ricerca del primato – è il primo libro in assoluto in Italia che accoglie le indicazioni del nuovo quadro normativo comunitario di riferimento – ma dall’esigenza di portare un contributo utile e sensibile sulle rinnovabili e il paradigma della “democratizzazione dell’energia” che si manifesta attraverso le comunità energetiche. Il libro, pertanto, si propone, anche attraverso alcune buone pratiche e progettualità sperimentali in corso di realizzazione, di sensibilizzare e informare i cittadini comuni, stimolando il protagonismo degli stessi, dei Comuni, delle Pa, delle imprese, delle parrocchie e delle realtà del terzo settore che potrebbero costruire comunità energetiche.

Di cosa parla il libro “Comunità Energetiche. Esperimenti di generatività sociale e ambientale” 

Con il contributo di diversi e qualificati professionisti provo a far capire la bontà di questo modello di innovazione socio-territoriale per valutare i benefici sociali, ambientali ed economici. Nel libro, poi, sono presenti due ulteriori focus su povertà energetica e agrivoltaico, ma soprattutto è preziosissima la postfazione di Stefano Martello che indaga il valore della relazione e di come da essa possa rinascere il sapore della cittadinanza corresponsabile.

Chi possono essere oggi i veri attori e promotori delle comunità energetiche?

Non c’è, credo, una sola categoria di attori o di beneficiari. Le comunità energetiche, se saranno ben progettate e realizzate, possono offrire a tutti grandi opportunità per uno sviluppo sostenibile locale inclusivo e generativo. Potranno beneficiarne, infatti, non solo i cittadini con potenziali riduzioni delle bollette dai 20 ai 30 punti percentuali, ma anche le imprese e le realtà produttive.
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Potrebbero assumere, tuttavia, una notevole centralità nei processi di diffusione di queste esperienze anche le parrocchie e i Comuni: le prime per essere un “incubatore naturale di prossimità e fraternità”; i secondi mettendo a disposizione dei territori le superfici estese delle coperture di tutte le strutture pubbliche che potrebbero essere ricoperte da pannelli fotovoltaici. Le comunità energetiche funzioneranno se funzioneranno le comunità e, dunque, se nascerà e si consoliderà la dinamica della cooperazione mutualistica.

Che differenza c’è tra un progetto di autoconsumo collettivo e una comunità energetica?

L’autoconsumo collettivo, in realtà, già esiste, perché non sono pochi i condomìni in Italia che hanno sulla loro copertura un impianto fotovoltaico, condividendone i benefici senza la mediazione potenziale di terzi. Le comunità energetiche, invece, sono prima di tutto soggetti giuridicamente riconosciuti davanti ad un notaio che nascono dalla relazione tra più attori del territorio, inscritti nel perimetro della medesima cabina primaria, che condividono la volontà sia di produrre e consumare e scambiare energia pulita sia di redistribuire gli utili o gli incentivi statali disponibili secondo i dettami della giustizia sociale.

Quali sono oggi gli ostacoli più grandi alle comunità energetiche

La risposta, forse, più banale potrebbe essere: la burocrazia, nella misura in cui – una volta giunte le linee guida definitive ed operative del Gestore dei Servizi Energetici – dovesse trascorrere molto tempo dalla domanda di connessione alla rete nazionale di distribuzione all’effettiva “accensione” delle comunità energetiche. Rilevo, tuttavia, una altra possibile criticità: il rischio che si affermi l’idea che le comunità energetiche possono essere, esclusivamente, un altro fattore di accelerazione economica, come è stato il Superbonus, trascurando la dimensione sociale e ambientale che, invece, sono altrettanto essenziali.

La partenza fino ad ora è stata piuttosto in salita. Da qui a cinque anni pensi che si saranno diffuse come immaginato quando è stato progettato il modello o credi che rimarranno un fenomeno di nicchia?

Mi auguro che il modello possa diffondersi prima e innovarsi poi approfittando anche, come già si evince da alcune primissime pubblicazioni scientifiche internazionali, dell’intelligenza artificiale che, per esempio, potrebbe favorire “il dialogo virtuoso” tra involucro edilizio e suoi utenti, ma anche complessivamente tra gli utenti, da un lato fotografando istantaneamente i consumi e le loro oscillazioni nel tempo e dall’altro riducendo gli sprechi, migliorando l’efficienza e personalizzando l’esperienza dell’abitare diffuso in chiave cooperativa. Se entro il 2030 riusciremo ad avere più di 15mila Cer e a produrre più di 5 Gw di energia pulita mediante le comunità energetiche sarà un grande successo.
Giuseppe Milano “Comunità Energetiche. Esperimenti di generatività sociale e ambientale”

Puoi suggerire ai nostri lettori dei libri o documentari da non perdere?

Il primo libro che mi viene in mente è “L’architettura della partecipazione”. Il volume, nonostante sia del 1971, è di straordinaria attualità. Lo ha scritto l’architetto Giancarlo De Carlo per il quale l’istituto della partecipazione è “elemento costruttivo” al pari dei materiali edili perché riteneva che si dovesse sempre volgere lo sguardo a chi abilita gli ambienti costruiti e i territori trasformati dall’uomo.
Un altro libro che mi sento di consigliare è “Primavera silenziosa” di Rachel Carson (1962). In questo bestseller, con un linguaggio penetrante e coinvolgente, l’autrice esplora per la prima volta la minaccia della perdita della biodiversità e della riduzione degli ecosistemi a causa delle diverse forme di inquinamento e di degrado ecologico, con impatti non indifferenti anche sulla salute e la vivibilità.
Consiglio poi anche la visione di “Kiss the Ground“, un documentario sul cambiamento climatico molto avvincente e importante.

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